Oggi si dedica poco tempo alla biancheria, presi come siamo dalle mille cose da fare, e ci accontentiamo di qualche lenzuolo e asciugamano dalle tinte sgargianti e dalle stampe avveniristiche, acquistato in qualche grande magazzino nel migliore dei casi, o anche sulle bancarelle, da mettere velocemente in lavatrice e rimettere sul letto senza stirare; ma una volta la cura della biancheria era una delle attività della padrona di casa che prendeva il suo tempo.
La biancheria era preziosa, fine, di valore, e veniva accumulata con pazienza e con cura dalla futura sposa (o meglio dalla sua famiglia) nel corso della sua fanciullezza, al fine di ottenere un non indifferente numero di lenzuola, asciugamani, tovaglie, tovaglioli e quant’altro, come parte della “dote” che la ragazza avrebbe portato con sé nella nuova famiglia.
La biancheria era preziosa perché di lino, cotone, mussola, flanella, finemente ricamata, impreziosita da cuciture fatte ad arte, bottoni pregiati, e spesso di un bianco immacolato, o dai colori tenui. E come tale veniva trattata: la biancheria doveva durare e durava anni, aveva armadi appositi dove veniva riposta, armadi che venivano puliti, areati, profumati con sacchetti ricamati a mano e riempiti di profumata lavanda, di fragrante rosmarino, di romantici petali di rosa. La biancheria era lavata con cura e stirata interamente. E quando, nei giorni di festa, la tovaglia migliore veniva stesa sul tavolo, o quando, la sera, ci si infilava tra quelle lenzuola perfettamente tese, fresche, immacolate e profumate, era una gioia per i sensi e per l’anima…
Sabina Edir
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