giovedì 29 maggio 2014

Matrimonio Vintage al Mare. Wedding Themed Vintage and Sea.

"Chiunque ad un certo punto della vita mette su casa.
La parte difficile è costruire una casa del cuore.
Un posto non soltanto per dormire, ma anche per sognare.
Un posto dove crescere una famiglia con amore, un posto non per trovare riparo dal freddo, 

ma un angolino tutto nostro da cui ammirare il cambiamento delle stagioni;
un posto non semplicemente dove far passare il tempo, ma dove provare gioia per il resto della vita
".
Sergio Bambaren, Il guardiano del Faro.

"Il mare spesso parla con parole lontane, 
dice cose che nessuno sa. 
Soltanto quelli che conoscono l'amore possono apprendere la lezione dalle onde, 
che hanno il movimento del cuore".
Romano Battaglia

Ho chiuso gli occhi e ho immaginato. Ho visto e percepito.

Una sera dolce, d'inizio o fine estate, quando la calura non opprime, quando la brezza accarezza la pelle, come l'alito di un angelo. 
Un faro, poco distante, che domina l'orizzonte, stagliandosi maestoso su un cielo percorso da poche nubi e scaldato dai toni accesi e fiabeschi del tramonto.
Il rumore, ritmico e melodioso, delle onde che si infrangono sulle scogliere e avvolgono la rena di una baia immacolata. Per udirlo basta tacere, un attimo soltanto, o accostare una conchiglia all'orecchio.
Un profumo di futuro, di speranza e di memoria. 
Un aroma meraviglioso, che si origina dall'osmosi fra il legno, liso dalla salsedine; la cera delle candele racchiuse, con la loro anima di fuoco vibrante, dentro antiche lanterne; la carta consunta di libri centenari; la iuta e il pizzo, freschi di sapone di marsiglia.
L'incedere, a piedi scalzi, di una sposa e di uno sposo che si tengono per mano, costeggiando la spiaggia. Le orme dietro di loro come la scia di un amore intenso e indomabile. Lei indossa un abito in stoffa leggera, che si anima in immagini di creature fantastiche grazie al giocare del vento, e, sulle spalle, uno scialle traforato, in lana sottile, appena ingiallita, prezioso dono della propria nonna.
E ora, sognate pure, nel leggere le mie parole e nel guardare le fotografie che le seguono. Ma, subito dopo, chiudete gli occhi, anche voi. 

Emma Fenu








mercoledì 28 maggio 2014

Abiti da sposa in stile Vittoriano. Victorian Style Wedding dresses.


Quanti fiumi d'inchiostro versati per descrivere storie, emozioni e ambienti propri dell'epoca Vittoriana, ossia del periodo compreso fra gli anni 1837 e 1901, coincidente con il periodo di reggenza della Regina Vittoria.
Un mondo la cui memoria ci appartiene non solo tramite lo studio dei tomi di storia, ma anche grazie all'avida lettura di opere scritte da romanzieri d'impareggiabile maestria, capaci di scrutare negli abissi di animi dilaniati e nei bassifondi di città apparentemente candide. 
Era società fondata sull’apparenza, sul narcisismo, sulla presunzione, sulla mancanza di profonda ed intima comunicazione, sull’ostentazione di un comune “buon senso” di matrice puritana, dove le sperequazioni fra sesso, razza e classe erano molto marcate.
Eppure, tutt'oggi, quell'epoca ci attrae, forse perché in essa immaginiamo lo svolgersi di amori estremi, impossibili e tormentati, ma anche perché subiamo il fascino della moda delle donne, strizzate per assumere la forma di una clessidra.
Molti abiti da sposa contemporanei si ispirano alle fogge vittoriane, soprattutto reinterpretandone i capi destinati, allora, alla biancheria intima, ossia i celeberrimi corsetti dotati di stecche e le ingombranti petticoat, sottogonne di crinolina, spesso ornate di pizzi e balze in prossimità dell'orlo.
Tuttavia, nell'Ottocento, solo per gli eventi formali, come le feste e i balli, le donne si concedevano di scoprire le spalle. 
Di solito, invece, si indossavano abiti, spesso valorizzati da volants e pregiati pizzi, che celavano anche il collo, non mortificando la femminilità, ma esaltandone il mistero. Accessorio indispensabile era il cappello, sontuosamente abbellito con piume e fiori in seta
Vi propongo una carrellata di immagini che vi consentiranno un tuffo nel tempo, se siete terribilmente romantiche e avete letto i romanzi di Jane Austen con fremente palpitazione, ne sarete conquistate.


Emma Fenu







venerdì 23 maggio 2014

Sposa con Cappello! Bride whit Hat!

Il cappello a falda larga è andato molto di moda negli anni ’70, per poi finire nel dimenticatoio. Ora si sta iniziando a rivalutarlo di nuovo, anche se ancora non ha assunto quel successo che ha attualmente un altro tipo di cappello molto in voga tra le spose, cioè il cappello con veletta.

Realizzato in diversi tessuti (es. crepes, tulle, sisal, seta, pizzo), e adornato con piccoli o grandi fiori, velette, piume o nastri, interamente bianco o colorato, il cappello a falda larga dona alla sposa che lo indossa un indiscutibile fascino, un’aria chic e allo stesso tempo romantica. Adatto anche alle donne non più giovanissime, e poco indicato per un matrimonio in chiesa, il cappello a falda larga è più adatto per le nozze celebrate in comune e per le seconde nozze. Si associa bene con un vestito semplice (corto oppure lungo ma sobrio), poco ampio e senza strascico, al quale dona immediatamente un tocco di personalità e di estrema eleganza.

E’ l’ideale per matrimoni celebrati in giardino o in contesti bucolici, soprattutto se in pizzo, oppure in colori pastello.
Sabina Edir





mercoledì 14 maggio 2014

Vestiti da sposa anni '50. Fifties style wedding



Per avere degli occhi belli, cerca la bontà negli altri; per delle labbra belle, pronuncia solo parole gentili; per una figura snella, dividi il tuo cibo con le persone affamate; per dei capelli belli lascia che un bambino vi passi le sue dita una volta al giorno; e per l' atteggiamento, cammina con la consapevolezza che non sei mai sola”.
Audrey Hepburn

a cura di Barbara Bocedi.



giovedì 8 maggio 2014

Il mio matrimonio...Tutto ebbe inizio, una sera d'inverno, tramite la tastiera di un portatile.


Ebbene sì, anche le ragazze che si trasformano magicamente in Lady Bess, nei post di questo salotto virtuale, si sposano. Arriva il loro turno, e stavolta è arrivato il mio.
Non sarò parca nei dettagli del mio matrimonio, ovviamente a tema, ma, prima di introdurvi in un mondo dall'ambientazione vintage, popolato dal fascino di ataviche fiabe, vi narro in che modo tutto ebbe inizio, come in una favola, senza dubbio, ma dagli sviluppi indiscutibilmente contemporanei.

Buona lettura alle nostre lettrici, inguaribili romantiche.

La nostra storia d'amore.
Rete d'amore. Tutto ebbe inizio, una sera d'inverno, tramite la tastiera di un portatile.


"Siamo legati da infiniti fili sottili, facili da recidere a uno a uno, ma che essendo intrecciati tra loro formano corde indistruttibili".
Isabel Allende ​


Aveva quasi la parvenza di un gioco da bambina: solo chi è cresciuto troppo in fretta sa concedersi il dolce fascino delle favole proprio nel corso delle ardue vicende che si snodano a ritmo serrato lungo le pagine del libro della vita. 
Io ero la principessa e gli altri, ombre che solo infrangendo l'incantesimo avrebbero preso sembianze reali, rivestivano un ruolo preciso, rispondente al proprio carattere: c'era il cavaliere senza macchia e senza paura, il buffo cantore di corte, l'enigmatico fantasma del castello, l'ammaliante conte straniero. Ma mancava il principe, il grande assente. 

"In ogni istante della nostra vita abbiamo un piede nella favola e l'altro nell'abisso".
Paulo Coelho 
Le interazioni online con uno sconosciuto sono terribilmente affascinanti: si scopre l’anima prima del volto, si dischiudono i più fragili e profumati petali del proprio essere, prima ancora di stringersi la mano, di avvertire l’odore reciproco, di sentire il timbro della voce. 
Appresi molto sulla natura degli esseri umani e sulla mia natura femminea, solare e lunare come le antiche dee madri; figlia di Eva e del suo impulsivo e fecondo generare parole ed evoluzioni; isola, anche io, come la mia terra natia, fatta di duro granito, di spumose onde indomite e di candide spiagge infinite. 

Lui non era il mio preferito. Ma io ero la sua. 
Una sera, terminato di stendere lo smalto sulle unghie, momento in cui una donna può riflettere intensamente e prendere in mano il proprio destino, decisi di cancellarlo dai miei contatti, convinta che, con un rapporto virtuale, non avrei mai varcato i suoi muri impenetrabili. 
In quel medesimo istante, complice l'allineamento dei pianeti o la mera fortuna, lui mi mi invitò a passeggiare, a piedi nudi e a ritmo lento, nel suo giardino segreto. Chattammo senza annoverare le ore che si susseguivano, raccontandoci aneddoti, emozioni, sogni, fallimenti, successi. 
Fui io, infine, a chiedergli il numero di telefono e a fissare un appuntamento per il pomeriggio successivo, quando, come di consueto, presi l’autobus, ma, stavolta, con indosso, accidentalmente, il vestito al contrario.


Mi chiama al cellulare, sento la sua voce, ci separano pochi passi. Lui è in alto, sulla sommità delle scale del parcheggio di un centro commerciale, mi scorge per primo, io dopo qualche secondo. 
Sono gli occhi più verdi che io abbia mai visto. 
Imbarazzo. 
Io scherzo e sono pungente, lo faccio sempre quando sono in evidente difficoltà. 
Ci sediamo in un bar, ordiniamo due caffè, parliamo, o meglio, parlo solo io. Lui mi ascolta e mi guarda fisso. Emana un profumo meraviglioso. Le nostre mani si sfiorano. Ha una pelle di velluto. 


"Mi piace come ascolti, mi fai venire voglia di parlare".
Gianrico Carofiglio
Ora siamo davanti al portone d'ingresso della mia casa. L’auto è ferma, ma ancora calda. 
Non sono consapevole e padrona di quanto accade o potrebbe accadere, ho bisogno di scappare. Apro la portiera, senza neppure salutarlo con un bacio sulla guancia. Il cuore salta e accelera i battiti e penso, con assoluta determinazione, di non volerlo rivedere mai più. 
Mi addormento immersa in un turbine di pensieri che si susseguono in una danza senza soste, come fiocchi di neve in balia di una tormenta. Ma, l’indomani mattina, la dolce curva del mio sorriso svela a me stessa l’irrefrenabile voglia di baciarlo. Non ho più paura, mai avuto paura degli sconosciuti, ma paura di amare ed essere amata di nuovo, quella sì.


Trascorsero sette giorni: secondo il libro della Genesi è un lasso di tempo sufficiente per opere di indiscussa grandezza, se si è Dio. Ma è, comunque, abbastanza per per creare un proprio Eden, se si è meri esseri contingenti.


Parliamo e camminiamo vicini, ma senza toccarci. Centimetri infiniti di paradosso, che separano Achille dalla tartaruga. Io sto seguendo il filo di un ragionamento, un filo che si dipana e si interseca fino a formare un gomitolo dalla forma confusa, come dopo aver resistito all'assalto di un gatto. 
Lui si ferma, mi abbraccia stretto e mi bacia. Un bacio dolcissimo, meraviglioso. Anche la sua bocca, come le sue mani, ha la consistenza del velluto. Non so per quanto tempo restiamo fusi. Poi riprendiamo a camminare, gli tendo la mano. 
Ora procediamo stretti…forse non tocchiamo terra. 

"Ogni giorno cerco il filo della ragione ma il filo non esiste, o mi ci sono ingrovigliata dentro".
Alda Merini
Partimmo, durante un fine settimana, diretti alla volta di un'arcipelago di incantevole bellezza selvaggia, battuto dal vento, teatro di agiografiche leggende medievali. Non ricordo le tappe che scandirono il tragitto. Ricordo solo le nostre mani intrecciate. L'immagine di noi diventa nitida nella mia memoria solo nell'interno claustrofobico del traghetto, soli in auto, nella notte incipiente. 

Sussurro qualcosa. Non mi ricordo cosa. Qualcosa di banale. 
Lui equivoca, evidentemente. Mi risponde: “Ti amo anch’io”. 
Cuore che scoppia costretto nella prigione del petto. 
Io non ho detto “ti amo”, ne sono certa. Ma lo amo, eccome. 
Però taccio, non ho neppure salivazione. 
Mi stringo a lui, nel silenzio. ​

"T’amo senza sapere come, nè da quando nè da dove".
Pablo Neruda​
Sono trascorsi, da allora, quattro anni intensi, cadenzati da giorni lunghi e gravidi di vita come millenni. ​Il tempo è una misura relativa, che dimora nel mistero dell'anima.
Con amore e con coraggio di essere Due, viviamo insieme in terre lontane, dal Medio Oriente al Nord Europa. Mi sono persa fra odori e colori di spezie, di hommos, di burro e di cannella; fra villaggi dove tutto sembra essersi fermato in un’epoca imprecisata e metropoli ipertecnologiche; tra il fumo inebriante del narghilè e il bruciante sapore del gløgg​; fra percorsi stellati di notti incantate, in un silenzio squarciato dal richiamo del Muezzin o dai i canti intonati in un unisono festoso, danzando attorno all'albero di Natale; fra infiniti orizzonti, reali e metaforici, di rossi deserti e di distese innevate. 

E, al termine della giornata, dovunque sia casa, ci abbracciamo, respirando l’uno il profumo dell’altra, consapevoli che non sempre tutto è perfetto, tantomeno noi. No, non siete giunti alla fine della storia. E’ solo l’inizio. ​

"Coloro che vivono d'amore vivono d'eterno". 
Emile Verhaeren

Emma Fenu

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