giovedì 8 maggio 2014

Il mio matrimonio...Tutto ebbe inizio, una sera d'inverno, tramite la tastiera di un portatile.


Ebbene sì, anche le ragazze che si trasformano magicamente in Lady Bess, nei post di questo salotto virtuale, si sposano. Arriva il loro turno, e stavolta è arrivato il mio.
Non sarò parca nei dettagli del mio matrimonio, ovviamente a tema, ma, prima di introdurvi in un mondo dall'ambientazione vintage, popolato dal fascino di ataviche fiabe, vi narro in che modo tutto ebbe inizio, come in una favola, senza dubbio, ma dagli sviluppi indiscutibilmente contemporanei.

Buona lettura alle nostre lettrici, inguaribili romantiche.

La nostra storia d'amore.
Rete d'amore. Tutto ebbe inizio, una sera d'inverno, tramite la tastiera di un portatile.


"Siamo legati da infiniti fili sottili, facili da recidere a uno a uno, ma che essendo intrecciati tra loro formano corde indistruttibili".
Isabel Allende ​


Aveva quasi la parvenza di un gioco da bambina: solo chi è cresciuto troppo in fretta sa concedersi il dolce fascino delle favole proprio nel corso delle ardue vicende che si snodano a ritmo serrato lungo le pagine del libro della vita. 
Io ero la principessa e gli altri, ombre che solo infrangendo l'incantesimo avrebbero preso sembianze reali, rivestivano un ruolo preciso, rispondente al proprio carattere: c'era il cavaliere senza macchia e senza paura, il buffo cantore di corte, l'enigmatico fantasma del castello, l'ammaliante conte straniero. Ma mancava il principe, il grande assente. 

"In ogni istante della nostra vita abbiamo un piede nella favola e l'altro nell'abisso".
Paulo Coelho 
Le interazioni online con uno sconosciuto sono terribilmente affascinanti: si scopre l’anima prima del volto, si dischiudono i più fragili e profumati petali del proprio essere, prima ancora di stringersi la mano, di avvertire l’odore reciproco, di sentire il timbro della voce. 
Appresi molto sulla natura degli esseri umani e sulla mia natura femminea, solare e lunare come le antiche dee madri; figlia di Eva e del suo impulsivo e fecondo generare parole ed evoluzioni; isola, anche io, come la mia terra natia, fatta di duro granito, di spumose onde indomite e di candide spiagge infinite. 

Lui non era il mio preferito. Ma io ero la sua. 
Una sera, terminato di stendere lo smalto sulle unghie, momento in cui una donna può riflettere intensamente e prendere in mano il proprio destino, decisi di cancellarlo dai miei contatti, convinta che, con un rapporto virtuale, non avrei mai varcato i suoi muri impenetrabili. 
In quel medesimo istante, complice l'allineamento dei pianeti o la mera fortuna, lui mi mi invitò a passeggiare, a piedi nudi e a ritmo lento, nel suo giardino segreto. Chattammo senza annoverare le ore che si susseguivano, raccontandoci aneddoti, emozioni, sogni, fallimenti, successi. 
Fui io, infine, a chiedergli il numero di telefono e a fissare un appuntamento per il pomeriggio successivo, quando, come di consueto, presi l’autobus, ma, stavolta, con indosso, accidentalmente, il vestito al contrario.


Mi chiama al cellulare, sento la sua voce, ci separano pochi passi. Lui è in alto, sulla sommità delle scale del parcheggio di un centro commerciale, mi scorge per primo, io dopo qualche secondo. 
Sono gli occhi più verdi che io abbia mai visto. 
Imbarazzo. 
Io scherzo e sono pungente, lo faccio sempre quando sono in evidente difficoltà. 
Ci sediamo in un bar, ordiniamo due caffè, parliamo, o meglio, parlo solo io. Lui mi ascolta e mi guarda fisso. Emana un profumo meraviglioso. Le nostre mani si sfiorano. Ha una pelle di velluto. 


"Mi piace come ascolti, mi fai venire voglia di parlare".
Gianrico Carofiglio
Ora siamo davanti al portone d'ingresso della mia casa. L’auto è ferma, ma ancora calda. 
Non sono consapevole e padrona di quanto accade o potrebbe accadere, ho bisogno di scappare. Apro la portiera, senza neppure salutarlo con un bacio sulla guancia. Il cuore salta e accelera i battiti e penso, con assoluta determinazione, di non volerlo rivedere mai più. 
Mi addormento immersa in un turbine di pensieri che si susseguono in una danza senza soste, come fiocchi di neve in balia di una tormenta. Ma, l’indomani mattina, la dolce curva del mio sorriso svela a me stessa l’irrefrenabile voglia di baciarlo. Non ho più paura, mai avuto paura degli sconosciuti, ma paura di amare ed essere amata di nuovo, quella sì.


Trascorsero sette giorni: secondo il libro della Genesi è un lasso di tempo sufficiente per opere di indiscussa grandezza, se si è Dio. Ma è, comunque, abbastanza per per creare un proprio Eden, se si è meri esseri contingenti.


Parliamo e camminiamo vicini, ma senza toccarci. Centimetri infiniti di paradosso, che separano Achille dalla tartaruga. Io sto seguendo il filo di un ragionamento, un filo che si dipana e si interseca fino a formare un gomitolo dalla forma confusa, come dopo aver resistito all'assalto di un gatto. 
Lui si ferma, mi abbraccia stretto e mi bacia. Un bacio dolcissimo, meraviglioso. Anche la sua bocca, come le sue mani, ha la consistenza del velluto. Non so per quanto tempo restiamo fusi. Poi riprendiamo a camminare, gli tendo la mano. 
Ora procediamo stretti…forse non tocchiamo terra. 

"Ogni giorno cerco il filo della ragione ma il filo non esiste, o mi ci sono ingrovigliata dentro".
Alda Merini
Partimmo, durante un fine settimana, diretti alla volta di un'arcipelago di incantevole bellezza selvaggia, battuto dal vento, teatro di agiografiche leggende medievali. Non ricordo le tappe che scandirono il tragitto. Ricordo solo le nostre mani intrecciate. L'immagine di noi diventa nitida nella mia memoria solo nell'interno claustrofobico del traghetto, soli in auto, nella notte incipiente. 

Sussurro qualcosa. Non mi ricordo cosa. Qualcosa di banale. 
Lui equivoca, evidentemente. Mi risponde: “Ti amo anch’io”. 
Cuore che scoppia costretto nella prigione del petto. 
Io non ho detto “ti amo”, ne sono certa. Ma lo amo, eccome. 
Però taccio, non ho neppure salivazione. 
Mi stringo a lui, nel silenzio. ​

"T’amo senza sapere come, nè da quando nè da dove".
Pablo Neruda​
Sono trascorsi, da allora, quattro anni intensi, cadenzati da giorni lunghi e gravidi di vita come millenni. ​Il tempo è una misura relativa, che dimora nel mistero dell'anima.
Con amore e con coraggio di essere Due, viviamo insieme in terre lontane, dal Medio Oriente al Nord Europa. Mi sono persa fra odori e colori di spezie, di hommos, di burro e di cannella; fra villaggi dove tutto sembra essersi fermato in un’epoca imprecisata e metropoli ipertecnologiche; tra il fumo inebriante del narghilè e il bruciante sapore del gløgg​; fra percorsi stellati di notti incantate, in un silenzio squarciato dal richiamo del Muezzin o dai i canti intonati in un unisono festoso, danzando attorno all'albero di Natale; fra infiniti orizzonti, reali e metaforici, di rossi deserti e di distese innevate. 

E, al termine della giornata, dovunque sia casa, ci abbracciamo, respirando l’uno il profumo dell’altra, consapevoli che non sempre tutto è perfetto, tantomeno noi. No, non siete giunti alla fine della storia. E’ solo l’inizio. ​

"Coloro che vivono d'amore vivono d'eterno". 
Emile Verhaeren

Emma Fenu

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