Quanti fiumi d'inchiostro versati per descrivere storie, emozioni e ambienti propri dell'epoca Vittoriana, ossia del periodo compreso fra gli anni 1837 e 1901, coincidente con il periodo di reggenza della Regina Vittoria.
Un mondo la cui memoria ci appartiene non solo tramite lo studio dei tomi di storia, ma anche grazie all'avida lettura di opere scritte da romanzieri d'impareggiabile maestria, capaci di scrutare negli abissi di animi dilaniati e nei bassifondi di città apparentemente candide.
Era società fondata sull’apparenza, sul narcisismo, sulla presunzione, sulla mancanza di profonda ed intima comunicazione, sull’ostentazione di un comune “buon senso” di matrice puritana, dove le sperequazioni fra sesso, razza e classe erano molto marcate.
Eppure, tutt'oggi, quell'epoca ci attrae, forse perché in essa immaginiamo lo svolgersi di amori estremi, impossibili e tormentati, ma anche perché subiamo il fascino della moda delle donne, strizzate per assumere la forma di una clessidra.
Molti abiti da sposa contemporanei si ispirano alle fogge vittoriane, soprattutto reinterpretandone i capi destinati, allora, alla biancheria intima, ossia i celeberrimi corsetti dotati di stecche e le ingombranti petticoat, sottogonne di crinolina, spesso ornate di pizzi e balze in prossimità dell'orlo.
Tuttavia, nell'Ottocento, solo per gli eventi formali, come le feste e i balli, le donne si concedevano di scoprire le spalle.
Di solito, invece, si indossavano abiti, spesso valorizzati da volants e pregiati pizzi, che celavano anche il collo, non mortificando la femminilità, ma esaltandone il mistero. Accessorio indispensabile era il cappello, sontuosamente abbellito con piume e fiori in seta.
Vi propongo una carrellata di immagini che vi consentiranno un tuffo nel tempo, se siete terribilmente romantiche e avete letto i romanzi di Jane Austen con fremente palpitazione, ne sarete conquistate.
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